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Vivere nel paesello: povertà e malessere.
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Una comunità che annovera tra i propri appartenenti un ridotto numero di unità, come già detto, se non è supportata dal benessere economico e sociale, rischia di evolvere in “loco dolente” per buona parte degli abitanti, in modo particolare i giovani. La ristrettezza economica, campo di battaglia ideale per i conflitti tra poveri, conduce generalmente ad una diaspora che contempla il mesto pellegrinaggio di tanti gagliardi verso atolli lontani che non sempre garantiscono l’agognato ricetto.

I supporti da viaggio non contengono solamente vestiario e vagheggi, trasportano con sé piccole componenti del paesello che andranno inesorabilmente disperse nel mare magno di incognite ed incertezze che si fanno compagne di chi, per necessità o altro, è costretto ad abbandonare la propria terra.
Talvolta, non rientrano più, e se lo fanno, tendenzialmente, ricondurranno all’antica dimora, i resti di ciò che era “dolce allegria” dei trascorsi andati. Divengono un ibrido che si è perso in una nebulosa all’interno della quale dimorano gli apolidi: non più figli del natio paesello e ancor meno di quella terra che accudisce il tormentoso errare. In molti si struggono nei ritrovi che i conterranei accolgono a recitare degli esuli la parodia, nel sudario dei ricordi ardenti che cullano del malessere i taciuti assalti. Ma giorno giunge, all’incedere della bella stagione, che il nucleo torna, figli di una sola volta, in quel girotondo che la conta fa al levar del sole.

Si osservi dunque che non fu vana la dolorosa via ed allora s’oda di lontane terre dove le case han pareti di marzapane ed i tetti, dalle alte guglie, colano cioccolato. Di splendida gente si narrano i fasti e nella lucentezza di quelle auto immense si porge lode al gabellare altero, figli perduti del paesello amato!

Se in periodi di vacche ben pasciute la stabilità sociale è comunque sospesa in una dimensione aleatoria, figuriamoci cosa può accadere quando, per accostarsi alla greppia, è necessario il benestare delle “persone gravi”. La comunità, oltre a divenire preda di una dissestata gerontocrazia intrisa di nequizia, è sconvolta dai sussulti sotterranei di chi intravede, nell’imperante bancarotta esistenziale, il ripiego ideale per distrarre gli accenti sulle plumbee ambizioni. Quanto più si restringe la curva che annovera menti giovani e brillanti, tanto più esterna il mediocre verbo di faccendieri, inetti e sepolcri la cui verve dovrebbe essere confinata nel buio di inaccessibili segrete…infinito tempore!
Un caro saluto dalla terra dei nuraghi.


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