08-10-2014, 00:07
E' da qualche giorno che mi pungola il nome di " Ortachis" in mente e dal fondale della mia memoria si espande il profumo del timo selvatico che mi ha sempre trafitto il respiro in quel luogo. Un profumo selvaggio in cui la mia parte più indomita si identifica e trae conforto. Nella routine grigia senza sapore ed intensità, in cui la necessità ci impone incombenze asettiche, il pensiero di Ortachis, la sua immensa antichità che il vento canta, mi libera dal vuoto del grigiore inodore, dove al computer deleghiamo la memoria di noi poveri automi sgretolati nell'ingranaggio della burocrazia fagocitante brandelli della nostra umanità. Respirando il ricordo del timo, ricordo il mio nome e ne traggo forza, identità, unicità : stabilisco il mio cerchio sacro col sole, il vento, i nuraghi e il mare, il mio mare. Ai pozzi sacri attingo la saggezza della memoria e il silenzio per ascoltarla. Nella montagna di Ortachis il suono del vento diviene conchiglia nel mio orecchio, che sente il fragore cullante dell'onda nell'ondeggiare del timo e la spuma rinvigorente nel suo profumo.
Marina.
Marina.