
E’ risaputo che l’Italia, dal punto di vista della classe dirigente, è un teatro dove abbondano guitti di ogni risma, impresari del raggiro, ed un eccesso di cagnolini al guinzaglio che fungono da cortigiani sempre pronti a cogliere osso e attimo propizio. Nell’anno di Grazia 2016, disdetta nostra, ancora è presidente del consiglio il fracassone fiorentino, giuntovi che pare la trama di una commedia del buon William Shakespeare.“Mai al potere se non attraverso il voto degli italiani”, soleva fiatare in magna pompa tra coloro che, in rigurgiti di schietta fede, gli conferirono licenza nell’agone delle primarie.
Di concerto col “grande vecchio” (garbato eufemismo) e le chiappe mollicce di chi oggi dell’Europa ha fatto un feudo monetario, il nostro ha rifilato uno spintone al povero Enrico Letta precipitandolo giù nel dirupo. Non vi è che dire, l’ingresso in scena si attiene scrupolosamente ai dettami di un paese dove dovrebbe essere il popolo a decidere i propri rappresentanti: è questo il primo calcione assestato alla democrazia dal birbone di Ponte Vecchio. Lo ha scordato l’inquilino della Casa Bianca che, ad un mese e spiccioli dal voto, organizza una passerella per il Gian Burrasca gigliato (che coincidenza), con alla catena un comico in disarmo che sino a poco tempo fa scagliava anatemi contro chiunque osasse anche solo pensare di adeguare quella che egli amava definire, urbi et orbi, “la più bella costituzione al mondo”. E’ bastato un compenso di 200000 euro per cinque minuti delle sue idiozie nelle reti governative ed una serie di benefit improntati al rilancio di una modesta carriera ormai in declino, per ritoccare opinione e atteggiamento. E si che il padrone lo ha definito “eccellenza italiana”…dei voltagabbana!
Declinatosi come rottamatore, il nuovo che sopraggiunge, colui che avrebbe dovuto gonfiare le vele della Patria nel vento del cambiamento, per governare, inciucia piè sospinto con un manipolo di mercenari provenienti dal fronte opposto: persone gravi che cambiano la giubba con la medesima spigliatezza da noi agita, ogni santa mattina, e alla bisogna, per accudire le minugia: il tradimento viene disinvoltamente giustificato come “responsabilità istituzionale”. Mirabile combriccola che ha trasformato, brandendo la fiducia a guisa di clava, il parlamento in una riottosa scolaresca. Non paghi degli sconquassi perpetrati in stile prima Repubblica, la vivace congrega, vorrebbe adesso modificare la Costituzione e trasformare il senato in un fortino blindato ove troveranno ricetto consiglieri regionali e sindaci che intendono il mandato come carrello spesa a carico dei contribuenti.
Non possiamo accettare pedissequamente che il rutilante trio “Renzi, Boschi, Verdini” possa modificare la Costituzione, abbinandovi una legge elettorale sciagurata che trascinerebbe il paese nell’anticamera della dittatura. Hanno costoro competenza, spessore intellettuale, morale, capacità per poter proporre una materia che impone estrema prudenza anche a costituzionalisti di eccelso livello? E’ pur vero che i maestri di mescita, con la giusta pedata nei glutei, presumono essere consumati politici, ma qui sfociamo nella messa cantata!
Per meglio adescare il popolo ecco servita la legge di “stabilità elettorale”: gli unici punti degni di nota sono completamente sbilanciati a favore di industriali e banchieri, ciò che rimane ai poveracci è materiale per riscrivere le favolette di Collodi.
Si narra che ogni mattina, nei pressi di Montecitorio, arrivi un carrozzone che trasporta cinque bertucce, il custode dei rottami le accompagna, e mentre suona l’organetto, le dispone con un cappello in mano a far di questua. Si sussurra abbiano ciascuna un nome: Onore, Dignità, Decoro, Pudore, Correttezza. Vi passa sovente al cospetto, un boiardo dall’accento toscano che distribuisce loro noccioline e zucchero filato!
Declinatosi come rottamatore, il nuovo che sopraggiunge, colui che avrebbe dovuto gonfiare le vele della Patria nel vento del cambiamento, per governare, inciucia piè sospinto con un manipolo di mercenari provenienti dal fronte opposto: persone gravi che cambiano la giubba con la medesima spigliatezza da noi agita, ogni santa mattina, e alla bisogna, per accudire le minugia: il tradimento viene disinvoltamente giustificato come “responsabilità istituzionale”. Mirabile combriccola che ha trasformato, brandendo la fiducia a guisa di clava, il parlamento in una riottosa scolaresca. Non paghi degli sconquassi perpetrati in stile prima Repubblica, la vivace congrega, vorrebbe adesso modificare la Costituzione e trasformare il senato in un fortino blindato ove troveranno ricetto consiglieri regionali e sindaci che intendono il mandato come carrello spesa a carico dei contribuenti.
Non possiamo accettare pedissequamente che il rutilante trio “Renzi, Boschi, Verdini” possa modificare la Costituzione, abbinandovi una legge elettorale sciagurata che trascinerebbe il paese nell’anticamera della dittatura. Hanno costoro competenza, spessore intellettuale, morale, capacità per poter proporre una materia che impone estrema prudenza anche a costituzionalisti di eccelso livello? E’ pur vero che i maestri di mescita, con la giusta pedata nei glutei, presumono essere consumati politici, ma qui sfociamo nella messa cantata!
Per meglio adescare il popolo ecco servita la legge di “stabilità elettorale”: gli unici punti degni di nota sono completamente sbilanciati a favore di industriali e banchieri, ciò che rimane ai poveracci è materiale per riscrivere le favolette di Collodi.
Si narra che ogni mattina, nei pressi di Montecitorio, arrivi un carrozzone che trasporta cinque bertucce, il custode dei rottami le accompagna, e mentre suona l’organetto, le dispone con un cappello in mano a far di questua. Si sussurra abbiano ciascuna un nome: Onore, Dignità, Decoro, Pudore, Correttezza. Vi passa sovente al cospetto, un boiardo dall’accento toscano che distribuisce loro noccioline e zucchero filato!