23-02-2013, 21:22
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 05-07-2018, 17:47 {2} da Mariano.)
L'incontro con la Dea
Un caro saluto dalla terra dei nuraghi!
Talvolta accade, inoltrandosi nel fitto bosco che maestoso adorna la montagna del paesello, di addentrarsi in una radura dove trovano posto magnifici alberi con strani frutti nei rami sospesi, succosi e dolci, tra rigogliosi cespugli ricchi di bacche dal dolce sapore. Una piccola baita si trova in quel luogo, fatta di legno, con accanto una fonte che d’acqua gorgheggia in lieta frescura. In ogni stagione di verde gli alberi son sempre adornati, ed i frutti e le bacche abbondano ancora, anche se neve forte sferza la bella radura. Un filo di fumo s’innalza nel cielo da un comignolo stretto che nel piccolo tetto altero troneggia, bello a vedersi, col suo cappellino che ancor più grazioso fa il fumaiolo. Vi è gente là dentro che la fiamma ristora e, sicuro, il giaciglio scalda la notte. Così m’apparve, una volta per prima, quel luogo d’incanto.
Vi è fuori una donna, bella slanciata, che lesta raccoglie i rami dal suolo, così li accatasta sull’agili braccia e con grazia si muove nell’erba novella. Nera una chioma le spalle ricopre ed occhi marroni fan bello il suo viso, bronzea è la pelle che liscia si spande in quel corpo gentile.
“A te porgo saluto, o donna, che di questa radura sei la regina. Chi sei dunque che nella valle sola dimori e gli animali del bosco ti fanno moina?".
“Saluto ti porgo, o straniero, che nella radura giungi col cuore ingombro di pena, vuoi forse del bosco i frutti godere ed alla fiamma scaldare dolente il tuo corpo?
Così ella rispose ed ancor mi apprestai lesto nel rifugio seguire, affinché curioso dei quesiti trovassi risposta. Della donna notai come braci ardenti nell’agili mani sostavano alquanto ed allora mossi parola.
“Perché, o creatura, che del mio cuore ambasce tè nota, ardente la brace nelle tue dita dolor non cagiona?”.
“Del fuoco io son la signora ed ancor più, in questa valle, regno sovrana. Chi sei tu che concesso al mio cospetto t’è dato sostare? Forse sei dei mortali l’araldo o ancora gli Dei ti han dato favore?”.
“Niente di questo, della valle o regina, in questo luogo fato mi colse e da te attendo parola che del mio cuore conosci il tormento”.
“Se degli Dei non sei prediletto e dei mortali drappo non porti, forse il fato in grembo ti culla e per questo dei tuoi quesiti mi farò uditrice. Dunque cosa vuoi da me che del fuoco sono signora? Forse sapere perché il tuo dolore mi è noto, o forse capire perché dell’ardente brace le mie dita sono padrone? Sappi o mortale che al mio cospetto ti è concesso sostare, che quanto cuor t’ingombra altro non è che dei tuoi fratelli l’ardire e che, solamente chi, dell’ammonimento divino, ha fatto in cuor suo giaciglio, forse troverà il giusto ristoro”
Così parlò la Signora del fuoco ed io, ogni volta che mi addentro in quella valle, sempre ricordo quella bella creatura slanciata, che lesta raccoglie i rami dal suolo, così li accatasta sull’agili braccia e con grazia si muove nell’erba novella. Nera una chioma le spalle ricopre ed occhi marroni fan bello il suo viso, bronzea è la pelle che liscia si spande in quel corpo gentile.
Vi è fuori una donna, bella slanciata, che lesta raccoglie i rami dal suolo, così li accatasta sull’agili braccia e con grazia si muove nell’erba novella. Nera una chioma le spalle ricopre ed occhi marroni fan bello il suo viso, bronzea è la pelle che liscia si spande in quel corpo gentile.
“A te porgo saluto, o donna, che di questa radura sei la regina. Chi sei dunque che nella valle sola dimori e gli animali del bosco ti fanno moina?".
“Saluto ti porgo, o straniero, che nella radura giungi col cuore ingombro di pena, vuoi forse del bosco i frutti godere ed alla fiamma scaldare dolente il tuo corpo?
Così ella rispose ed ancor mi apprestai lesto nel rifugio seguire, affinché curioso dei quesiti trovassi risposta. Della donna notai come braci ardenti nell’agili mani sostavano alquanto ed allora mossi parola.
“Perché, o creatura, che del mio cuore ambasce tè nota, ardente la brace nelle tue dita dolor non cagiona?”.
“Del fuoco io son la signora ed ancor più, in questa valle, regno sovrana. Chi sei tu che concesso al mio cospetto t’è dato sostare? Forse sei dei mortali l’araldo o ancora gli Dei ti han dato favore?”.
“Niente di questo, della valle o regina, in questo luogo fato mi colse e da te attendo parola che del mio cuore conosci il tormento”.
“Se degli Dei non sei prediletto e dei mortali drappo non porti, forse il fato in grembo ti culla e per questo dei tuoi quesiti mi farò uditrice. Dunque cosa vuoi da me che del fuoco sono signora? Forse sapere perché il tuo dolore mi è noto, o forse capire perché dell’ardente brace le mie dita sono padrone? Sappi o mortale che al mio cospetto ti è concesso sostare, che quanto cuor t’ingombra altro non è che dei tuoi fratelli l’ardire e che, solamente chi, dell’ammonimento divino, ha fatto in cuor suo giaciglio, forse troverà il giusto ristoro”
Così parlò la Signora del fuoco ed io, ogni volta che mi addentro in quella valle, sempre ricordo quella bella creatura slanciata, che lesta raccoglie i rami dal suolo, così li accatasta sull’agili braccia e con grazia si muove nell’erba novella. Nera una chioma le spalle ricopre ed occhi marroni fan bello il suo viso, bronzea è la pelle che liscia si spande in quel corpo gentile.
Un caro saluto dalla terra dei nuraghi!