21-06-2014, 09:56
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 21-06-2014, 10:12 {2} da Mariano.)
Sin da piccolo ho avuto in dono la perspicacia di sfruttare le potenzialità che il cervello offre per memorizzare informazioni e dati. Ad una spontanea, naturale, capacità di immagazzinare quanto accade nel mondo circostante, ho sempre associato degli schemi mentali con i quali rammentare gli avvenimenti, al momento, in quantità e modi opportuni. La memoria inglobata nel mio cervello è organizzata come un disco rigido dal quale prelevare e nel quale memorizzare tutte le informazioni che personalmente reputo indispensabili.
E’ molto importante non tenere traccia alcuna di tutto ciò che è superfluo, questo è reso possibile da un meccanismo che regola le prestazioni del mio cervello e inibisce la capacità di conseguimento quando i dati analizzati non destano interesse oppure risultano in esubero. Di tale meccanismo è molto difficile spiegare il funzionamento poiché non ricorre ad unioni schematiche o altro che possano stimolarlo, semplicemente scatta nell’attimo in cui l’analisi di quanto in acquisizione propone informazioni inutili: anche se sforzassi a voler depositare tali dati nella memoria il dispositivo citato impedirebbe qualsiasi azione in proposito. Un esempio? Il numero del mio cellulare. E’ possibile ciò sia dovuto al fatto che l’apparecchio subentra nella mia esistenza in tarda età e quindi inconsciamente considerato superfluo oppure eccedente: è però concessa l’archiviazione di qualsiasi altro numero!
Talvolta suddetto meccanismo diviene permissivo in base a particolari circostanze nelle quali le informazioni assumono inizialmente lo status di inessenzialità e quindi respinte per evolversi gradualmente in una posizione di indispensabilità e perciò accettate.
Ricordo quando mi iscrissi all’autoscuola locale per ottenere la patente di guida tramite un esame che constava all’epoca cento quiz. Il corso durava un mese tra lezioni incentrate su pratica e rimandi quotidiani di natura teorica. Per ben ventisette giorni il cervello rifiutò qualsiasi approccio con degli stupidissimi ed altrettanto noiosissimi quiz (inessenzialità), agli occhi dell’istruttore e dei colleghi di corso apparivo come il somarello della classe, di contro, questi ultimi parevano altrettanto a me, ponderata la fatica palesata nel comprendere ed assimilare mnemonicamente cento, banalissimi, quiz. Mi guardai bene dall’esternare tali considerazioni!
Furono gli ultimi tre giorni a sciogliere il nodo che inibiva il processo di memorizzazione: essere conscio che, nonostante le domande fossero banali e prive di qualsivoglia criterio improntato al ragionamento, sarebbero servite a garantire il permesso di condurre un veicolo, autorizzò la procedura (indispensabilità). Bastarono due ore al giorno di accurata analisi per poter rispondere correttamente ai cento quiz nella loro completezza, da uno a cento, da cento ad uno, casualmente da una data cifra in ordine crescente o decrescente. La mattina dell’esame furono sufficienti tre minuti per completare senza errori la cartellina con i quesiti associati, consegnai tra stupore e mortificazione di tanti compagni di corso ai quali, nonostante impegno e diligenza, spuntarono coda ed orecchie a punta. D’altronde non potevano sapere che Mnemosine da sempre mi tiene in sua grazia!
L’esempio sopra citato fa capire che interesse (nel caso specifico imposto) e dinamismo nel processo di apprendimento sono strettamente connessi: quanto più reputiamo (o costretti a reputare) interessante l’informazione analizzata tanto più incrementa la capacità ad archiviarla. Chiaramente il connubio citato deve confortarsi in un continuo e proficuo esercizio.
Recenti studi hanno dimostrato che dopo i trent’anni muoiono nel nostro cervello all’incirca 100.000 cellule al giorno, quindi parrebbe logico pensare che l’avanzare dell’età incrementi la difficoltà di apprendimento. Non è affatto vero, tutt’altro, con il progredire del tempo disponiamo di un patrimonio culturale molto più esteso al quale allacciare le nostre informazioni. Il problema è dato esclusivamente dal fatto che, col trascorrere degli anni, consideriamo non più incuriosenti tante cose che anni addietro valutavamo addirittura essenziali, pertanto il dinamismo nella curva di acquisizione ed archiviazione alterna situazioni di intenso ricordo a fasi di vero e proprio oblio.
Le informazioni non debbono essere accatastate meccanicamente, ma organizzate all’interno di una struttura logica che ne consenta richiamo, reciproco sostegno e talvolta vicendevole respingimento. Rievocazione e dimenticanza rappresentano il lato più inesplorato della psiche umana, tant’è che allo stato attuale non si è ancora in grado di formulare diagnosi precise e scientificamente rilevanti.
La difficoltà maggiore in questo campo consiste nell’ignorare come giovarsi al meglio delle proprie risorse mnemoniche: la condizione predominante è data, come detto, dall’interesse per ciò che intendiamo rammentare e dallo studio delle tecniche che consentono un approccio sistematico ai dati in analisi, quindi capacità di concentrazione, acquisizione, elaborazione, rielaborazione, strutturazione ed organizzazione. Il processo di memorizzazione è spontaneo, ma deve rispondere ad accorgimenti tecnici che prevedano grande capacità analitica del materiale sottoposto ad archiviazione e richiamo.
La pratica dell’apprendimento rappresenta un caso palese di argomento periferico, non incluso nelle normali discipline, tant’è che le tecniche mnemoniche non vengono dispensate in alcun corso di studi cosiddetto "normale", la materia è fine a se stessa nonostante sia ampiamente dimostrato che il processo di acquisizione e memorizzazione delle informazioni abbraccia ogni essere vivente.
L’organizzazione della memoria è parte integrante inerente storia, etica, religione, psicologia, filosofia, letteratura, musica e scienza. Se riusciamo a percepire tali, profonde relazioni, è facile intuire quante e quali prospettive la memoria potrebbe offrire in una società ormai completamente globalizzata. Si tenga presente inoltre che diverrà il luogo dove andremo a dimorare una volta conclusa la parabola terrena: in base alle nostre opere nella mente di chi resta impianteremo un ricordo che potrà essere a breve o lungo termine. Anche sotto questo aspetto è bene che gli uomini abbiano cura di questo magnifico dono poiché diverrà la casa di chi ci ha preceduto.
E’ molto importante non tenere traccia alcuna di tutto ciò che è superfluo, questo è reso possibile da un meccanismo che regola le prestazioni del mio cervello e inibisce la capacità di conseguimento quando i dati analizzati non destano interesse oppure risultano in esubero. Di tale meccanismo è molto difficile spiegare il funzionamento poiché non ricorre ad unioni schematiche o altro che possano stimolarlo, semplicemente scatta nell’attimo in cui l’analisi di quanto in acquisizione propone informazioni inutili: anche se sforzassi a voler depositare tali dati nella memoria il dispositivo citato impedirebbe qualsiasi azione in proposito. Un esempio? Il numero del mio cellulare. E’ possibile ciò sia dovuto al fatto che l’apparecchio subentra nella mia esistenza in tarda età e quindi inconsciamente considerato superfluo oppure eccedente: è però concessa l’archiviazione di qualsiasi altro numero!
![[Immagine: Memo1.jpg]](http://www.sicurpas.it/images/foto/Memo1.jpg)
Talvolta suddetto meccanismo diviene permissivo in base a particolari circostanze nelle quali le informazioni assumono inizialmente lo status di inessenzialità e quindi respinte per evolversi gradualmente in una posizione di indispensabilità e perciò accettate.
Ricordo quando mi iscrissi all’autoscuola locale per ottenere la patente di guida tramite un esame che constava all’epoca cento quiz. Il corso durava un mese tra lezioni incentrate su pratica e rimandi quotidiani di natura teorica. Per ben ventisette giorni il cervello rifiutò qualsiasi approccio con degli stupidissimi ed altrettanto noiosissimi quiz (inessenzialità), agli occhi dell’istruttore e dei colleghi di corso apparivo come il somarello della classe, di contro, questi ultimi parevano altrettanto a me, ponderata la fatica palesata nel comprendere ed assimilare mnemonicamente cento, banalissimi, quiz. Mi guardai bene dall’esternare tali considerazioni!
Furono gli ultimi tre giorni a sciogliere il nodo che inibiva il processo di memorizzazione: essere conscio che, nonostante le domande fossero banali e prive di qualsivoglia criterio improntato al ragionamento, sarebbero servite a garantire il permesso di condurre un veicolo, autorizzò la procedura (indispensabilità). Bastarono due ore al giorno di accurata analisi per poter rispondere correttamente ai cento quiz nella loro completezza, da uno a cento, da cento ad uno, casualmente da una data cifra in ordine crescente o decrescente. La mattina dell’esame furono sufficienti tre minuti per completare senza errori la cartellina con i quesiti associati, consegnai tra stupore e mortificazione di tanti compagni di corso ai quali, nonostante impegno e diligenza, spuntarono coda ed orecchie a punta. D’altronde non potevano sapere che Mnemosine da sempre mi tiene in sua grazia!
L’esempio sopra citato fa capire che interesse (nel caso specifico imposto) e dinamismo nel processo di apprendimento sono strettamente connessi: quanto più reputiamo (o costretti a reputare) interessante l’informazione analizzata tanto più incrementa la capacità ad archiviarla. Chiaramente il connubio citato deve confortarsi in un continuo e proficuo esercizio.
Recenti studi hanno dimostrato che dopo i trent’anni muoiono nel nostro cervello all’incirca 100.000 cellule al giorno, quindi parrebbe logico pensare che l’avanzare dell’età incrementi la difficoltà di apprendimento. Non è affatto vero, tutt’altro, con il progredire del tempo disponiamo di un patrimonio culturale molto più esteso al quale allacciare le nostre informazioni. Il problema è dato esclusivamente dal fatto che, col trascorrere degli anni, consideriamo non più incuriosenti tante cose che anni addietro valutavamo addirittura essenziali, pertanto il dinamismo nella curva di acquisizione ed archiviazione alterna situazioni di intenso ricordo a fasi di vero e proprio oblio.
![[Immagine: Memo2.jpg]](http://www.sicurpas.it/images/foto/Memo2.jpg)
Le informazioni non debbono essere accatastate meccanicamente, ma organizzate all’interno di una struttura logica che ne consenta richiamo, reciproco sostegno e talvolta vicendevole respingimento. Rievocazione e dimenticanza rappresentano il lato più inesplorato della psiche umana, tant’è che allo stato attuale non si è ancora in grado di formulare diagnosi precise e scientificamente rilevanti.
La difficoltà maggiore in questo campo consiste nell’ignorare come giovarsi al meglio delle proprie risorse mnemoniche: la condizione predominante è data, come detto, dall’interesse per ciò che intendiamo rammentare e dallo studio delle tecniche che consentono un approccio sistematico ai dati in analisi, quindi capacità di concentrazione, acquisizione, elaborazione, rielaborazione, strutturazione ed organizzazione. Il processo di memorizzazione è spontaneo, ma deve rispondere ad accorgimenti tecnici che prevedano grande capacità analitica del materiale sottoposto ad archiviazione e richiamo.
La pratica dell’apprendimento rappresenta un caso palese di argomento periferico, non incluso nelle normali discipline, tant’è che le tecniche mnemoniche non vengono dispensate in alcun corso di studi cosiddetto "normale", la materia è fine a se stessa nonostante sia ampiamente dimostrato che il processo di acquisizione e memorizzazione delle informazioni abbraccia ogni essere vivente.
L’organizzazione della memoria è parte integrante inerente storia, etica, religione, psicologia, filosofia, letteratura, musica e scienza. Se riusciamo a percepire tali, profonde relazioni, è facile intuire quante e quali prospettive la memoria potrebbe offrire in una società ormai completamente globalizzata. Si tenga presente inoltre che diverrà il luogo dove andremo a dimorare una volta conclusa la parabola terrena: in base alle nostre opere nella mente di chi resta impianteremo un ricordo che potrà essere a breve o lungo termine. Anche sotto questo aspetto è bene che gli uomini abbiano cura di questo magnifico dono poiché diverrà la casa di chi ci ha preceduto.
Un saluto da Bolotana!