21-05-2012, 11:02
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 27-09-2012, 08:37 {2} da Mariano.)
Si narra, talvolta, che lassù in alto, in cima al paesello, vi è bella una fonte che scorga ridente in una piccola nicchia. Una vecchia stradina accanto vi passa, di ciottoli grandi nel mezzo selciata, stretta, con l’erba nei lati, a seguir del colle più alta la cima. Par d’udire vociar d’uomo, veloce al passo, su nel sentiero, a stampar vestigio laddove fitto è il bosco e la radura si estende fin giù nel pendio.
Vi son tre alberi presso la nicchia a vegliare dell’acqua il mormorare lieto e quando il sole alto risplende, viandante s’accosta a quel gorgheggiare. Frescura riversa quel luogo d’incanto e dolce è il sostare accanto alla fonte, così talvolta, il corpo s’adagia su quelle rocce che nel quieto ritrovo fan cerchio. Vento ed acqua molto le han levigate e sembrano intarsi i ricami di muschio che sulla pietra s’intravedono in tanti, belli a vedersi, come tele pregiate che agili dita in un vecchio telaio han modellato. Par scranno di re quel cerchio di pietra che intorno alla fonte veglia da sempre, e d’inverno, quando forte il vento scuote le fronde, quel sibilo acuto che nell’anfratto s’insinua, alto leva, stridente, come d’uccello fosse richiamo.
Vi è un calice d’oro posto di lato, ampio, con dei grandi smeraldi a far da corona in una luce azzurrina che sull’acqua riflette quando alla fonte viene accostato. In pochi han bevuto dalla coppa lucente poiché non è dei mortali schietto il libare, cuore è giaciglio dell’avido intento e quando assetato il passante si prostra, pare di latta il prezioso metallo.
Vi è un giorno dell’anno, quando la luna al centro si specchia nel pozzo sacro di Santa Cristina, che tre Angeli giungono in quel luogo d’incanto. Ognuno s’adagia all’albero suo che grande di rami copre la nicchia, rifugio maestoso che di tanti è stato il piacere. Adesso vi è un pane sulla fonte deposto, bianco, rotondo, fragranza di forno largo di bocca, con vivida fiamma che grandi i ceppi consuma. Pronto è il desco per chi alla fonte dovrà delibare, mensa dei puri, poiché sol di loro è innalzare la coppa e di quel pane godere.
Un giusto viene, laggiù dal paesello, e nella fonte, sicuro, egli s’attarda poiché d’oro ha intravisto la coppa e bianco quel pane che ancora del forno porta il tepore, così adesso, con gli angeli attorno, al desco s’appresta coi suoi commensali.
Dopo aver delibato ancora di lato verrà posto quel calice, pulito, con panno bianco, affinché altro viandante levare possa pulita la coppa.
Non più al centro è la luna nel pozzo e adesso son quattro gli angeli che al cielo innalzano lieti e ancor di latta pare il calice d’oro.
In memoria di Gigi Ortu, Pierpaolo Simoncini, Luca Longu, Nadia Campus e tutti i nostri amatissimi compaesani che hanno spezzato quel pane e libato nel calice d’oro!
Vi son tre alberi presso la nicchia a vegliare dell’acqua il mormorare lieto e quando il sole alto risplende, viandante s’accosta a quel gorgheggiare. Frescura riversa quel luogo d’incanto e dolce è il sostare accanto alla fonte, così talvolta, il corpo s’adagia su quelle rocce che nel quieto ritrovo fan cerchio. Vento ed acqua molto le han levigate e sembrano intarsi i ricami di muschio che sulla pietra s’intravedono in tanti, belli a vedersi, come tele pregiate che agili dita in un vecchio telaio han modellato. Par scranno di re quel cerchio di pietra che intorno alla fonte veglia da sempre, e d’inverno, quando forte il vento scuote le fronde, quel sibilo acuto che nell’anfratto s’insinua, alto leva, stridente, come d’uccello fosse richiamo.
Vi è un calice d’oro posto di lato, ampio, con dei grandi smeraldi a far da corona in una luce azzurrina che sull’acqua riflette quando alla fonte viene accostato. In pochi han bevuto dalla coppa lucente poiché non è dei mortali schietto il libare, cuore è giaciglio dell’avido intento e quando assetato il passante si prostra, pare di latta il prezioso metallo.
Vi è un giorno dell’anno, quando la luna al centro si specchia nel pozzo sacro di Santa Cristina, che tre Angeli giungono in quel luogo d’incanto. Ognuno s’adagia all’albero suo che grande di rami copre la nicchia, rifugio maestoso che di tanti è stato il piacere. Adesso vi è un pane sulla fonte deposto, bianco, rotondo, fragranza di forno largo di bocca, con vivida fiamma che grandi i ceppi consuma. Pronto è il desco per chi alla fonte dovrà delibare, mensa dei puri, poiché sol di loro è innalzare la coppa e di quel pane godere.
Un giusto viene, laggiù dal paesello, e nella fonte, sicuro, egli s’attarda poiché d’oro ha intravisto la coppa e bianco quel pane che ancora del forno porta il tepore, così adesso, con gli angeli attorno, al desco s’appresta coi suoi commensali.
Dopo aver delibato ancora di lato verrà posto quel calice, pulito, con panno bianco, affinché altro viandante levare possa pulita la coppa.
Non più al centro è la luna nel pozzo e adesso son quattro gli angeli che al cielo innalzano lieti e ancor di latta pare il calice d’oro.
In memoria di Gigi Ortu, Pierpaolo Simoncini, Luca Longu, Nadia Campus e tutti i nostri amatissimi compaesani che hanno spezzato quel pane e libato nel calice d’oro!