La comunità che si professa cristiana e si reca puntuale in chiesa per seguire l’ufficio domenicale, oltre alle ben note manifestazioni volte a riaffermare, tra la collettività, veemenza ecclesiale che di più ti spacchi una rotula, coglie al volo quelle occasioni nelle quali, della propria fede, far passerella. Prevale, dunque, quel senso si appartenenza, vicinanza, solidarietà che si traduce in un profondo, affettuoso abbraccio, nei confronti di chi ha perso un proprio caro. E’ in tali accadimenti che, maturità, completezza del cristiano, dovrebbero prevalere a discapito del cordoglio di circostanza espresso nei confronti di quelle famiglie considerate, all’interno della comunità, “gente che conta”. Le restanti, quelle che non godono dell’ossequiosa benevolenza copiosamente riversata dal popolino bue, si contenteranno, nel disgraziato caso, di una sparuta presenza, dei tiepidi quanto contenuti slanci amorevoli riservati ai popolani!
Non beneficeranno della sfilata dove i cattolici ferventi, prestando grande attenzione ad essere notati dalla famiglia del caro estinto, si produrranno, dolenti, in un pigro passaggio che li condurrà a ricevere la particola. Un cerimoniale ben pianificato, ostentatamente declinato ad uso e consumo di chi giace nel lutto. Un mesto girotondo di grotteschi vassalli la cui afflizione rileva il massimo picco in relazione ad estrazione sociale, blasone, ricchezza del casato al quale esprimere il proprio dolore. Indecorosa esternazione di una patologica deferenza: cortigianeria dei sottomessi, di chi nell’altrui ciotola spera trovarvi avanzo.
Così, i funerali dei figli di un dio minore non contempleranno la turba affranta, tantomeno i cordoni di umanità prostrata che si spende in una indegna liturgia, consegnando, una volta di più, alla collettività, cronica ignoranza. Malcostume che getta un lungo ponte a ritroso nel tempo.
Se si potessero misurare credo e cristianità di ogni individuo, sarebbe interessante capire con quale strumento e unità di misura. Devozione pacchiana che transita attraverso la sudditanza psicologica, omaggi di facciata, condiscendenza obbligata, timore del prossimo. Può essere tale scelleratezza considerata testata d’angolo?
E’ degno di nota il fatto che, la religione, in modo diretto o meno, è comunque strettamente legata al potere, alla ricchezza, così i fedeli, altrettanto e ancor più chi li ammaestra, in un percorso di duemila anni consumati tra superstizione e rituali che riconducono al timore di un Dio invisibile ed un altro ben più tangibile al quale ci si consegna con spontaneità disarmante: il danaro. E’ dura la via che porta alla trasformazione del piombo spirituale in nobilissimo oro!