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Ephiro il folletto
#1
Inoltrandosi  nel versante che da Ortakis discende verso il paesello si giunge ad una piccola radura ricoperta da grandi cespugli che producono bacche grandi, rosse, buone al sapore. Un bosco esteso l’adorna, alberi alti e frondosi dove gli uccelli il nido vi fanno lassù sulle punte. Un prato attorno verdeggia, di viole, margherite e ciclamini selvatici, intenso profumo, sontuosa distesa che solo mirarla gran gioia pone nel cuore.

Si narra più in là esista una grotta con una quercia larga di fusto che veglia l’ingresso, da un lato l’ombreggia dall’altro lo tace e così chi s’attarda non scorge l’accesso. Il figlio di un nume vi ha fatto la tana, Ephiro, breve dai piedi alla testa, sulle spalle un largo mantello ed ampio un cappuccio calato sul capo, sino agli occhi grandi e profondi che fanno tutt’uno col naso adunco, lungo sulla bocca minuta che il mento smarrisce nella barba gremita.

[Immagine: Ortakis_1.jpg]

Camicia spessa, ricamata in verdi quadretti con grandi bottoni molto brillanti risalta un panciotto dai larghi tasconi. Ampia la cinghia pelle di bove con al centro una borchia d’oro intarsiata, regge aderenti i rossi calzoni che sfilano in fondo sino ai calzari lunghi di punta con sopra un pompon. Pare un folletto, Ephiro, figlio di un nume che in questa grotta ha fatto la tana. Un tascapane in spalla si porta, capiente, cucito nei lati con strisce di pelle intrecciate a piccole gocce che paiono argento, un fermaglio lo chiude, tondo, ben lavorato. Mai se ne stacca Ephiro il folletto, questi gli serve quando la grotta abbandona e scende al villaggio giù nella valle.

Un bianco cinghiale gli divide dimora, corto di gambe, minuto di stazza, con piccole zanne che dell’oro hanno il riflesso e un morbido vello sul corpo minuto. Bello un collare lo cinge, di pietre preziose, ognuna fa forma ed altro colore, alcune rosse altre turchesi e brillano molto quando gagliarda è la luna nel cielo.

Solo di notte Ephiro si muove, quando l’inverno col freddo percuote i mortali e li spinge nelle calde dimore.  Attorno al fuoco fanno la cerchia e le braccia distendono sulla vivida fiamma affinché la mano goda tepore, osservano i ceppi tra essi intrecciati che scoppiettano brevi ed in alto fanno scintilla col fumo che al cielo s’innalza. Li vede Ephiro, quando scende al villaggio, i comignoli alteri che fumano lieti e istoriano lembi di cielo con grigie volate tentate dal vento, come piace agli Dei, talvolta dalle terre dove gli orsi bianco hanno il vello e cacciano nei buchi sul ghiaccio, altre dai luoghi dove gli animali hanno grandi le orecchie e d’avorio fanno le zanne.  

Taluni raccontano di uno strano folletto ed il suo tascapane che nelle notti d’inverno viene al villaggio e ciondola molto per le strette viuzze con un cinghiale minuto che dappresso lo incalza. Giunge da un luogo che accanto a passarvi s’odono voci, forse un sussurro o una nenia, ma nessuno v’indugia poiché timore in cuore gli prende e il piede fan lesto giù nel pendio che al villaggio conduce!  

Si narra più in là esista una grotta con una quercia larga di fusto che veglia l’ingresso, da un lato l’ombreggia dall’altro lo tace e così chi vi passa non scorge l’accesso..!
#2
Ciao Mariano,
meravigliosa, come storia, come esposizione, come sentimento. Complimenti
A presto Rolleyes
#3
Ciao Mariano, un quadretto semplicemente stupendo, sono senza parole. Uno stile che arriva da tempi ormai andati, meraviglioso. Congratulazioni.
Alla prossima Big GrinRolleyesShySmile


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