12-02-2013, 18:27
Le dimissioni del Papa pare abbiano colto di sorpresa il mondo intero, addirittura i principi della chiesa hanno esternato sgomento. Erano ignari, la notizia gli si è spiaccicata addosso come saetta che muove dal cielo in un tranquillo pomeriggio di mezza estate.
Solamente all’esterno delle sacre mura si era a conoscenza del fatto che, prima o poi, l’infausto evento si sarebbe verificato. Putacaso, a cascare dalle nuvole, sono proprio i personaggi che hanno tramato alle spalle del Pontefice per indurlo ad abbandonare il soglio di Pietro.
E’ la povera gente che realmente vive la fede cristiana a doversi stupire nell’osservare la galleria di mostri in papalina che rovesciano sulle telecamere di mezzo mondo lacrime di coccodrillo e quant’altro è necessario affinché la verità sugli accadimenti, in merito ad erudizione, divenga come la misura di un arcobaleno.
Questa è la resa dei conti in una durissima battaglia che conosce i suoi albori immediatamente dopo l’elezione di Carol Wojtyla. Il Papa polacco fu il precursore, ante litteram, in merito ad una corrente di pensiero riformatrice che venne subito avversata dai conservatori, quelli per intenderci, che godono nel somministrare punizioni corporali con l’effige di Sant’Agostino stretta tra i polpastrelli, ci hanno propinato la stronzata sul limbo e tutta una serie di corbellaggini volte più che altro a tenere il popolo a bagnomaria per quanto a superstizione e sprovvedutezza.
Si badi, Il discorso è molto più complesso e si snoda attraverso le giuste riflessioni del cardinal Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano scomparso di recente ed uno dei pochi che, dentro quelle mura, pare godesse del ben d’intelletto, oltre ad un grande, autentico, ascetismo. Un’attenta analisi del testamento spirituale del cardinale costituisce la chiave di lettura per interpretare i fatti. Chiaramente in questa sede non possiamo sviscerare certi temi in profondità senza rischiare uno sterile monologo, pertanto mi limiterò a sostanziare la vicenda in modo tale da accostarla dolcemente al palato.
Tutti ricorderanno le famose parole di Papa Ratzinger pronunciate a pochi giorni dalla sua ascesa sul trono di Pietro: “nella chiesa vi è sporcizia”. Rappresentavano queste il testimone che il predecessore lasciava in dote al cardinale bavarese: una pesantissima eredità che il nuovo Papa doveva gestire all’interno di un ambiente ostile, incrostato da vecchie muffe conservatrici e già teatro di intrighi e congiure. Oltre alla tenzone condotta su dei canoni esclusivamente teologici che comportano il traversare della dottrina nelle fluttuazioni del tempo, possiamo stigmatizzare la caduta del Vescovo di Roma in tre passaggi fondamentali del suo pontificato: l’apertura all’ebraismo, la lotta alla pedofilia, la trasparenza dei conti dello IOR (la banca vaticana per capirci).
Questi argomenti sono stati utilizzati dai nemici del Papa come i tre chiodi che appuntarono alla croce Nostro Signore. Il dogma, la depravazione, il danaro e quindi il potere: si può forse all’interno di quelle mura infrangere questi tabù? Papa Ratzinger ci ha provato ed è stato sconfitto e quindi costretto ad abdicare. Non solo, come tutti i piegati, indotto all’esilio e ridotto al silenzio!
Mai ci sarà dato conoscere la reale portata degli eventi e dei protagonisti, si osservi come buona parte dei media, rinomati vaticanisti ed intellettuali compiacenti si apprestano a narrare il gesto come la decisione di un uomo stanco ed affaticato che non ha più la forza di continuare il mandato Petrino, oppure in salsa neo liberista che condurrà la chiesa non si sa bene dove. Insulsaggini, la verità è che siamo al cospetto di un episodio gravissimo, un colpo di Stato che denota impietosamente la reale situazione in cui versa la chiesa.
Quanto pronunciato dal cardinale di Cracovia, Dziwisz, già segretario di Giovanni Paolo II, “Dalla croce non si scende”, appare, più che un rimbrotto, il rammarico di un sostenitore della corrente riformatrice che ha assistito impotente, al tracollo di un progetto che doveva accompagnare la chiesa nel terzo millennio.
L’elezione del nuovo Papa è retaggio della corrente predominante che ha destituito il vescovo teutonico. Credo sia giunto il momento in cui qualcuno debba predicare il Vangelo nello Stato pontificio!
Sono profondamente scosso, addolorato e nel contempo molto pessimista.
Solamente all’esterno delle sacre mura si era a conoscenza del fatto che, prima o poi, l’infausto evento si sarebbe verificato. Putacaso, a cascare dalle nuvole, sono proprio i personaggi che hanno tramato alle spalle del Pontefice per indurlo ad abbandonare il soglio di Pietro.
E’ la povera gente che realmente vive la fede cristiana a doversi stupire nell’osservare la galleria di mostri in papalina che rovesciano sulle telecamere di mezzo mondo lacrime di coccodrillo e quant’altro è necessario affinché la verità sugli accadimenti, in merito ad erudizione, divenga come la misura di un arcobaleno.
Questa è la resa dei conti in una durissima battaglia che conosce i suoi albori immediatamente dopo l’elezione di Carol Wojtyla. Il Papa polacco fu il precursore, ante litteram, in merito ad una corrente di pensiero riformatrice che venne subito avversata dai conservatori, quelli per intenderci, che godono nel somministrare punizioni corporali con l’effige di Sant’Agostino stretta tra i polpastrelli, ci hanno propinato la stronzata sul limbo e tutta una serie di corbellaggini volte più che altro a tenere il popolo a bagnomaria per quanto a superstizione e sprovvedutezza.
Si badi, Il discorso è molto più complesso e si snoda attraverso le giuste riflessioni del cardinal Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano scomparso di recente ed uno dei pochi che, dentro quelle mura, pare godesse del ben d’intelletto, oltre ad un grande, autentico, ascetismo. Un’attenta analisi del testamento spirituale del cardinale costituisce la chiave di lettura per interpretare i fatti. Chiaramente in questa sede non possiamo sviscerare certi temi in profondità senza rischiare uno sterile monologo, pertanto mi limiterò a sostanziare la vicenda in modo tale da accostarla dolcemente al palato.
Tutti ricorderanno le famose parole di Papa Ratzinger pronunciate a pochi giorni dalla sua ascesa sul trono di Pietro: “nella chiesa vi è sporcizia”. Rappresentavano queste il testimone che il predecessore lasciava in dote al cardinale bavarese: una pesantissima eredità che il nuovo Papa doveva gestire all’interno di un ambiente ostile, incrostato da vecchie muffe conservatrici e già teatro di intrighi e congiure. Oltre alla tenzone condotta su dei canoni esclusivamente teologici che comportano il traversare della dottrina nelle fluttuazioni del tempo, possiamo stigmatizzare la caduta del Vescovo di Roma in tre passaggi fondamentali del suo pontificato: l’apertura all’ebraismo, la lotta alla pedofilia, la trasparenza dei conti dello IOR (la banca vaticana per capirci).
Questi argomenti sono stati utilizzati dai nemici del Papa come i tre chiodi che appuntarono alla croce Nostro Signore. Il dogma, la depravazione, il danaro e quindi il potere: si può forse all’interno di quelle mura infrangere questi tabù? Papa Ratzinger ci ha provato ed è stato sconfitto e quindi costretto ad abdicare. Non solo, come tutti i piegati, indotto all’esilio e ridotto al silenzio!
Mai ci sarà dato conoscere la reale portata degli eventi e dei protagonisti, si osservi come buona parte dei media, rinomati vaticanisti ed intellettuali compiacenti si apprestano a narrare il gesto come la decisione di un uomo stanco ed affaticato che non ha più la forza di continuare il mandato Petrino, oppure in salsa neo liberista che condurrà la chiesa non si sa bene dove. Insulsaggini, la verità è che siamo al cospetto di un episodio gravissimo, un colpo di Stato che denota impietosamente la reale situazione in cui versa la chiesa.
Quanto pronunciato dal cardinale di Cracovia, Dziwisz, già segretario di Giovanni Paolo II, “Dalla croce non si scende”, appare, più che un rimbrotto, il rammarico di un sostenitore della corrente riformatrice che ha assistito impotente, al tracollo di un progetto che doveva accompagnare la chiesa nel terzo millennio.
L’elezione del nuovo Papa è retaggio della corrente predominante che ha destituito il vescovo teutonico. Credo sia giunto il momento in cui qualcuno debba predicare il Vangelo nello Stato pontificio!
Sono profondamente scosso, addolorato e nel contempo molto pessimista.
Un caro saluto dalla terra dei nuraghi!