
Siamo ormai giunti alle soglie delle elezioni che dovranno dare investitura al nuovo sindaco del paese. Si avverte la sottile tensione dei preparativi che condurranno le varie fazioni nell’agone politico: virtuosi del mestolo e maestranze altre, già predispongono lieti simposi affinché lo spirito di squadra prevalga ed asperga, sugli eventuali candidati, il furore buonista che nobilita il sacrificio di chi ambirebbe porsi al servizio della comunità. Cosa, può far paragone col cadenzar gioioso di mascella gagliarda che sminuzza la pregiata porzione che brace rende al palato gradita? Goduto è il banchetto se di generoso vino ogni portata si fa pari: ecco allora Bacco riversare sui commensali ragion filosofica che ogni problema slega dall’umanità dolente: veementi s’ingaggiano con cultura, saggezza, acume sociale, recando in spalla, d’altrui, l’uno e altro affanno. Mirabile cerchia d’umano costume che all’incontro rende, solerte, il decretare!
Vi è in convegno chi da tempo ha fatto la muta, qua e là seminando della cute un frammento, è di questi il verbo che propaga agli astanti come fosse di tuono il brontolare cupo. Ai giovani virgulti è offerto il riportare di estenuanti pugne, par quasi s’oda l’eco di omeriche tenzoni, in quei campi di battaglia laddove saetta forte la spada e vi è frastuono di carri. Le compiute gesta negli scontri sociali, impregnate di fulgore ideologico, siano dunque ambita meta per chiunque voglia farsi maggiore tra il popolo.
Soggiogata la riverente platea, si sappia di qual bene godrà chi alla causa s’immola, così muoveranno al galoppo coloro che, di porta in porta, narreranno la buona novella. Vi sarà l’unto di turno che, magnificato dai sodali, vestirà i panni del nuovo profeta: bella stagione giungerà nel paesello, raccolti abbondanti, traboccheranno i granai, gli alberi daranno grandi i frutti e grassa sarà l’erba in alta montagna. Il popolo tutto si pascerà in abbondanza. Così negli androni sussurra l’araldo, battendo sull’uscio di chi sorte talvolta ha percosso e in pena soggiace volgendo lo sguardo ad un cupo orizzonte, sperando che un giorno un raggio di luce gli rischiari dimora.
Il vassallo s’appresta laddove uomini si danno simposio, in cerchio seduti, aspettando che, dal banco di mescita, muova colui che dolci bevande servirà nei crateri. Vi è gente digiuna, di vita, di fatti, di storia, eppure egualmente a chi ode s’impone poiché forte gli è il tono di voce e arroganza gli ingombra lo slancio. Par di questi del mondo il sobbalzo, sanno ove nasce e poi muore il cerchio di colori che bello si dipinge nel cielo quando la pioggia bagna la terra nella stagione del fieno. Eppur dentro son vuoti, come un vecchio barile segato a metà che accoglie in inverno l’acqua di scolo e langue in estate al sole cocente.
E’ in questo far crocchi che l’unto trova sostegno, poiché di loro conosce miseria e sa che alla giacca faranno più lembi, così promette per tutti lavoro, roseo futuro, grandi le scorte. In cambio, chi cede all’inganno, traccerà segno laddove gli uomini ad altri danno mandato.
Adesso Baco tiranneggia quel desco ed anche i minori han preso baldanza, leva alta la ciarla, s’intreccia, si scontra, si oppone. Ecco, la storia ha un altro percorso, Napoleone mai venne sconfitto, quattro sono le guerre mondiali, di poli la terra ne ha cinque. Ciascuno fra loro detta sapienza ed ognuno all’altro millanta amicizie laddove gli uomini hanno del laticlavio la tunica. Così si accapigliano e ancora dissertano fintanto che Baco gli presiede la mente!
Vi è in convegno chi da tempo ha fatto la muta, qua e là seminando della cute un frammento, è di questi il verbo che propaga agli astanti come fosse di tuono il brontolare cupo. Ai giovani virgulti è offerto il riportare di estenuanti pugne, par quasi s’oda l’eco di omeriche tenzoni, in quei campi di battaglia laddove saetta forte la spada e vi è frastuono di carri. Le compiute gesta negli scontri sociali, impregnate di fulgore ideologico, siano dunque ambita meta per chiunque voglia farsi maggiore tra il popolo.
Soggiogata la riverente platea, si sappia di qual bene godrà chi alla causa s’immola, così muoveranno al galoppo coloro che, di porta in porta, narreranno la buona novella. Vi sarà l’unto di turno che, magnificato dai sodali, vestirà i panni del nuovo profeta: bella stagione giungerà nel paesello, raccolti abbondanti, traboccheranno i granai, gli alberi daranno grandi i frutti e grassa sarà l’erba in alta montagna. Il popolo tutto si pascerà in abbondanza. Così negli androni sussurra l’araldo, battendo sull’uscio di chi sorte talvolta ha percosso e in pena soggiace volgendo lo sguardo ad un cupo orizzonte, sperando che un giorno un raggio di luce gli rischiari dimora.
Il vassallo s’appresta laddove uomini si danno simposio, in cerchio seduti, aspettando che, dal banco di mescita, muova colui che dolci bevande servirà nei crateri. Vi è gente digiuna, di vita, di fatti, di storia, eppure egualmente a chi ode s’impone poiché forte gli è il tono di voce e arroganza gli ingombra lo slancio. Par di questi del mondo il sobbalzo, sanno ove nasce e poi muore il cerchio di colori che bello si dipinge nel cielo quando la pioggia bagna la terra nella stagione del fieno. Eppur dentro son vuoti, come un vecchio barile segato a metà che accoglie in inverno l’acqua di scolo e langue in estate al sole cocente.
E’ in questo far crocchi che l’unto trova sostegno, poiché di loro conosce miseria e sa che alla giacca faranno più lembi, così promette per tutti lavoro, roseo futuro, grandi le scorte. In cambio, chi cede all’inganno, traccerà segno laddove gli uomini ad altri danno mandato.
Adesso Baco tiranneggia quel desco ed anche i minori han preso baldanza, leva alta la ciarla, s’intreccia, si scontra, si oppone. Ecco, la storia ha un altro percorso, Napoleone mai venne sconfitto, quattro sono le guerre mondiali, di poli la terra ne ha cinque. Ciascuno fra loro detta sapienza ed ognuno all’altro millanta amicizie laddove gli uomini hanno del laticlavio la tunica. Così si accapigliano e ancora dissertano fintanto che Baco gli presiede la mente!
Gruppo attivisti Bolotana