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02 – Dimensione economica del software
#1
Agli inizi degli anni 80 il numero di persone addette al software negli USA era all’incirca un milione, grosso modo un terzo del totale mondiale, ed i costi del medesimo erano più o meno di circa 40 miliardi di dollari, il 2% del Prodotto Nazionale Lordo a grandi linee. Suddetti costi hanno lievitato, nel decennio, di circa il 12% l’anno con conseguente crescita del personale quantificabile intorno al 7%. Nel 1988 le dimensioni economiche del settore informatico, per quanto riguarda l’Italia, si calcolavano intorno ai 7000 miliardi di lire, con un incremento pari al 20% rispetto all’anno precedente. In questo mercato il software ed i servizi annessi coprivano l’80% dell’estensione globale.
Accanto alla richiesta del software esiste un fenomeno molto importante da considerare ed analizzare: la domanda nascosta ed inevasa, Backlog in inglese, che diviene visibile nel ritardo che si verifica dalla richiesta di una applicazione al momento in cui questa potrà essere soddisfatta. In base a degli studi commissionati dall’Air Force americana il fenomeno è quantificabile in un ritardo di circa 4 anni, mentre da noi, in ambito nazionale, ci si attesta intorno ai 3 anni. Le ragioni associate a tali ritardi sono sostanzialmente due:

  • Carenza di personale specializzato dovuto all’incapacità delle strutture formative a formare ed orientare i giovani
  • Necessità di adibire una corposa quantità degli addetti attuali alla manutenzione del software esistente.

Se si tiene conto del fatto che, in gran misura, produttività e competitività delle industrie e delle società di servizi dipendono dal livello di informatizzazione raggiunto, è facile comprendere la misura in cui gravano i ritardi sulla struttura organizzativa. Un altro aspetto piuttosto dannoso è dovuto al fatto che, in assenza di personale qualificato, si ricorre sovente a persone di scarsa preparazione o addirittura inadeguate. Programmatori inefficienti producono software altrettanto inefficiente che richiede innumerevoli sforzi per gli adeguamenti e la manutenzione. La domanda da porsi a questo punto è la seguente: come può l’industria del software rispondere alla crescita esponenziale del proprio mercato? Sicuramente con un forte incremento della produttività e qualità inerente i prodotti da immettere sul mercato. Se si fa un confronto con l’industria dell’hardware il rapporto è addirittura sconcertante: i prezzi delle apparecchiature sono praticamente dimezzati al cospetto di una qualità che ha raggiunto un notevolissimo livello. Negli anni 50 la curva relativa ai costi hardware e software si attestava grosso modo intorno a 80 / 20, attualmente questo rapporto è totalmente ribaltato. Il motivo di tutto questo risiede, oltre alla riduzione notevole delle dimensioni e dei consumi dell’hardware, nell’automazione del processo produttivo che si è attestato, come d’altronde nelle industrie di tipo manifatturiero, su dei picchi davvero notevoli. Va inoltre aggiunto che la produzione del software rimane prevalentemente un’attività marcatamente intellettuale, in conseguenza scarsamente automatizzata: è preponderante infatti l’aspetto legato alla progettazione, mentre la componente manifatturiera, dapprima relegata a margine, con l’avvento di Internet possiamo dire che è praticamente scomparsa. Effettuare copie di un’applicazione è semplicemente banale, corredarla di accessori per la vendita non rappresenta un aspetto critico. E’ invece piuttosto difficile progettare e realizzare l’applicazione nel rispetto di quei parametri imposti dalla qualità inerente la medesima. Possiamo dire che la progettazione rientra in quel tipo di attività definite brain intensive, cioè ad alta intensità di cervello, pertanto estremamente difficile da meccanizzare.
Per avere completezza di comprensione ci si può porre un’ulteriore domanda, e cioè quale possa essere il livello medio di produttività delle persone che progettano e sviluppano software. La risposta non è univoca: non è chiaro ancor oggi come sia possibile conferire un’unità di misura per chi sviluppa software e tanto meno in che modo la si possa definire. Essendo questa una domanda di natura basilare per chi si occupa di produzione del software, l’incapacità a formulare una risposta conferma quanto abbiamo già enunciato nel corso di questi articoli: esistono aspetti di fondo in ambito software che non sono stati ancora sviscerati dal punto di vista squisitamente scientifico, pertanto non esiste una teoria che possa interpretarli nel loro insieme e quindi universalmente o in parte accolta. Un metodo che rispecchia, seppure approssimativamente, la produttività di chi produce software, consiste nel misurare le linee di codice scritte nell’arco di un giorno o di un mese, quindi si divide il numero totale delle righe che costituiscono l’applicazione per il numero delle giornate impiegate nel progetto. Le statistiche relative mostrano che la media ricalca grosso modo valori pari a 10 – 30, seppur la variazione è notevolissima e molto dipende dalle caratteristiche dell’applicazione e dell’area nella quale dovrà rendere il proprio servizio. Alcuni studi riferiscono che la produttività diviene circa un decimo nel passaggio da software di tipo tradizionalmente sequenziale a software di natura critica, concorrente e, chiaramente, in tempo reale!


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